“Piccole torte” beneauguranti dal ripieno vellutato
Uno scrigno di gusto
Tortello significa letteralmente “piccola torta”: si tratta, infatti, di un involucro di pasta fresca ripiegata su se stessa in modo da contenere un ripieno, cotta poi in acqua o brodo e condita in vari modi. Di tortelli si parla già nella Cronica di Salimbene de Adam (XIII secolo).
La pasta fresca ripiena – tortellini, cappelletti, anolini ecc. – è diffusa in tutta l’Emilia-Romagna, ma i tortelli d’erbette sono tipicamente parmigiani.
Erbette… chi sono costoro?
Quando a Parma e provincia qualcuno dice “tortelli” nove volte su dieci intende tortelli d’erbette (mentre di là dal Po, in quel di Mantova, trionfano quelli di zucca). Le misteriose “erbette” non sono altro che foglie di bieta, o bietola: una pianta erbacea annuale dalle larghe foglie lucide d’un verde scuro e brillante che cresceva spontanea nelle nostre campagne.
I tortelli d’erbette, dunque, sono quadrati piuttosto grandi di pasta fresca all’uovo con un ripieno ricco, cremoso e delicato composto da erbette fresche, cotte in acqua, strizzate e tagliate finemente, ricotta fresca e Parmigiano-Reggiano grattugiato.
Una storia che si perde nella notte… di San Giovanni
Adesso i tortelli d’erbetta si preparano e si gustano 365 giorni l’anno, ma un tempo erano il piatto irrinunciabile della cena della vigilia della festa di San Giovanni (23 giugno)… e lo sono ancora! La festa del santo battezzatore coincide, infatti, con il solstizio d’estate: una data già densa di riti pagani. In particolare, si credeva che la rugiada notturna che bagnava i campi la notte del solstizio fosse capace di scacciare mali fisici e morali. Con il cristianesimo la rugiada è divenuta un simbolo del battesimo. Comunque sia, ancora oggi, in tutta la provincia di Parma la vigilia di San Giovanni si preparano tortelli d’erbette e, se possibile, si mangiano all’aperto, aspettando la rugiada… non si sa mai!
Ingredienti: giugno, la falce in pugno
Come detto, i tortelli d’erbette erano, in origine, un piatto tipicamente estivo. E non a caso. Quando ancora la cucina seguiva il ritmo delle stagioni traendo il meglio dai prodotti della terra raccolti al momento giusto, giugno era il periodo migliore per prepararli: era tempo di mietitura e la farina, fatta con il grano raccolto da poco era di alta qualità. Anche le uova con cui impastarla per preparare la sfoglia sono particolarmente fresche e abbondanti: perché le galline riprendono a produrle dopo l’inverno. Negli orti casalinghi e nei campi si raccoglievano le prime verdure, tra cui, appunto, le “erbette”, ed anche i caseifici ricominciavano la produzione di Parmigiano-Reggiano, ricotta e burro: ingredienti indispensabili per la nostra ricetta.
Come si gustano
Secondo la tradizione parmigiana, i tortelli d’erbette devono essere: “affogati nel burro e asciugati con il formaggio”, ovvero, una volta cotti per pochi minuti in acqua bollente salata, vanno scolati accuratamente, conditi generosamente con burro fuso e abbondantemente spolverati con Parmigiano-Reggiano di qualità.
A volte, mentre si fa sciogliere il burro, si aggiunge una foglia di salvia, per dare al condimento una nota fresca e profumata.
I tortelli d’erbette sono un primo festivo, ma anche un piatto unico per una pausa pranzo veloce, ma decisamente soddisfacente.
I tortelli d’erbette secondo noi
Rispetto alla ricetta originale, qui alle Roncole aggiungiamo nel ripieno un cucchiaio di mascarpone, per renderlo ancora più cremoso. Poi li condiamo secondo tradizione: burro fuso aromatizzato con salvia e abbondante Parmigiano.
Fonte: G.Ballarini, Storia, miti e identità della cucina parmigiana, Monte Università Parma, 2007