Parma & salumi: un amore antico e fruttuoso
I salumi e la provincia di Parma sono un’accoppiata vincente fin dall’antichità. Tracce di allevamento di maiali sul territorio risalgono già agli Etruschi e si sono sviluppati in età romana e longobarda. Proprio qui, infatti, si potevano usare il sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore e le spezie che arrivavano dai commerci lungo il Po o sulla via Emilia per conservare più a lungo le carni.
I salumi della Bassa: figli della nebbia
Mentre alcuni salumi, come il celeberrimo Prosciutto di Parma, per riuscire bene hanno bisogno del clima fresco e arioso delle colline, altri, invece, stagionano meglio proprio nel clima caldo-umido della Bassa: torrido d’estate e nebbioso d’inverno. Anzi, si dice che sia proprio la nebbia invernale a dare loro un aroma inimitabile.
Tra questi il più famoso è senza dubbio il culatello, ma tutti gli altri, noti o meno noti, meritano un assaggio. Se poi sono fatti artigianalmente come i nostri, beh, ancora meglio!
I salumi delle Roncole: tradizione di famiglia
Il rispetto per la tradizione è un tratto distintivo dei nostri prodotti. La stessa attenzione che riserviamo alla realizzazione dei piatti della nostra cucina accompagna anche la produzione dei salumi. È Nereo Pedretti, il capostipite della famiglia, che ancora oggi si dedica meticolosamente a quest’arte.
I nostri salumi sono completamente naturali. Le carni provengono da allevamenti locali (Cremona, Mantova, Parma), lavorate solo con sale, pepe, vino bianco, aglio e altre spezie, senza conservanti. Tutto questo, insieme al clima tipico della Bassa e al microclima della nostra cantina, che si trova proprio sotto la dependance della Locanda, conferisce ai nostri prodotti un sapore e una qualità eccellenti.
Culatello: il re della cantina e della tavola
Prodotto Dop dal 1996, può essere fatto in soli sette comuni della Bassa Parmense tra cui Zibello, che gli ha dato il nome. La sua autenticità è garantita da un apposito Consorzio di Tutela, di cui Alle Roncole fa parte.
È chiamato, a ragione, “il Re dei salumi” perché è il tesoro più prezioso della salumeria parmense (e, forse, italiana…). È profondamente radicato nel territorio della Bassa. Il culatello, infatti, è prodotto con la coscia del maiale, la stessa parte con cui si fa il Prosciutto di Parma.
Il prosciutto, però, più grosso e dotato di osso e cotenna, ha bisogno di un clima più fresco, asciutto e ventilato per riuscire bene e sarebbe impossibile da realizzare nel clima caldo e umido della Bassa: i norcini locali, anziché scoraggiarsi, hanno fatto di questo limite una virtù, inventando il culatello. Per farlo si prende solo la parte posteriore della coscia, quella più carnosa, la si priva dell’osso, della cotenna e di parte del grasso, poi si massaggia delicatamente con una miscela di sale e pepe, si avvolge in una vescica di maiale e si lega con uno spago. Così preparata, la carne è adatta a essere stagionata nel clima tipico della Bassa, che dà al prodotto una consistenza morbida, un colore rosato e un gusto dolce e aromatico.
Tra gli estimatori del culatello possiamo citare Verdi e D’Annunzio che lo definì “Delizia golosa, salata e rossa compattezza porcina”.
Fiocchetto: il fratello minore del culatello
È il fratello minore del culatello, in quanto ricavato con la parte anteriore della coscia del maiale (mentre la posteriore si usa per il culatello). Viene lavorato in modo simile al fratello maggiore e, se fatto bene, è quasi altrettanto buono…
È più piccolo e magro rispetto al culatello e richiede, perciò, una stagionatura più breve (circa 8 mesi). Il nome deriva dalla sua forma a pera, detta anche “fiocco”.
Coppa: come un marmo rosso e pregiato
Questo tipo di salume ha origini molto antiche, che risalgono ai tempi in cui le parti preferite e più pregiate del maiale erano considerate quelle più grasse come il retro del collo e il dorso. Per ottenere la coppa si utilizza, infatti, il retro del collo, che è detto “coppa” in Italia settentrionale, mentre al Centro-Sud è noto come “capicollo”.
Dopo essere stata lavorata con sale e aromi, la coppa viene rivestita con budello di bovino, legata con uno spago e stagionata. Il risultato è un salume dal colore corallo, marezzato di grasso, asciutto e saporito.
Spalla cruda: una rarità da non perdere
La spalla è ricavata dalla parte anteriore del maiale, la scapola, ed è un altro salume tipico della Bassa, dove si produceva fin dal XII secolo. Mentre a San Secondo è famosa quella cotta, da mangiare calda, rigorosamente affettata a mano, quella cruda è meno diffusa – perché più difficile da preparare – ma non meno gustosa!
Per farla la carne viene rifilata, condita con sale e spezie, avvolta nella vescica di maiale, legata e stagionata a lungo, oltre un anno. Il risultato è un salume sapido ma delicato. La più famosa spalla cruda è quella di Palasone (Sissa), ma anche quella delle Roncole non ha niente da invidiarle.
Giuseppe Verdi andava ghiotto di spalle crude e cotte. In una lettera spiega al famoso editore Ricordi come preparare e gustare quella che gli aveva appena regalato.
Salame: il segreto è la ricetta!
Oggi il salame si fa in molte parti d’Italia e del mondo in molti modi diversi, tanto che il termine “salami” è usato nei paesi di lingua inglese per indicare gli insaccati.
Pochi sanno, però, che in origine il termine, che significa, semplicemente “conservato con il sale” era usato per il pesce salato, non per la carne! Per questa si usava, invece, il termine “salsiccia”, che chiaramente deriva da sale e ciccia (“carne”) e che si trova anche in Boccaccio.
Il salame così come noi lo conosciamo, ovvero una miscela di carne grassa e magra di maiale tritata più o meno finemente, aromatizzata con sale e spezie (e talvolta vino), insaccata in un budello sottile e stagionata, ha questo nome più o meno dal XVII secolo, come testimoniato dagli scritti di Vincenzo Tanara, nobile agronomo bolognese.
Qualunque sia la ricetta, il segreto per un buon salame è l’equilibrio tra grasso, bianco e dolce, e carne magra, rossa e saporita. Quelli delle Roncole sono preparati secondo la ricetta di papà Nereo Pedretti, hanno forme un poco asimmetriche, dovute al budello naturale in cui sono insaccati, sono piuttosto piccoli e piacevolmente odorosi di cantina.
Strolghino: per farlo bene ci vuole… un mago!
È un salame piccolo e sottile, a breve stagionatura. Si gusta ancora fresco e tenero, tagliato in fette tonde (anziché di sbieco, come tutti gli altri salami) piuttosto spesse.
Pare sia nato per tenere sotto controllo il procedere della stagionatura dei salami di dimensioni maggiori e spesso veniva prodotto, soprattutto dalle nostre parti, con le rifilature della carne usata per i culatelli.
Il curioso nome sembra derivi dal termine “strologo”, ovvero “astrologo”, perché, essendo particolarmente sensibile alle condizioni ambientali, non era facile da ottenere e per farlo buono bisognava essere dei veri maghi della salumeria…
Pancetta: si scioglie in bocca… o in pentola
Non è esattamente un salume dietetico, ma il sapore delicato e la consistenza cremosa, che si scioglie in bocca, lo rendono davvero irresistibile.
La pancetta è preparata, come dice il nome, con la parete addominale del maiale, composta di grasso bianco e dolce unito a venature di carne asciutta e rosata. Può essere fatta in vari tagli, stesa o arrotolata, salata e aromatizzata con spezie. Affettata sottilmente è un ottimo antipasto sul pane o, meglio ancora, sulla torta fritta calda. È perfetta anche in cucina per arricchire i soffritti di verdure e aggiungere sapore e morbidezza alle carni arrostite, evitando che si asciughino troppo in cottura.
Fonti: “Piccola storia della grande salumeria italiana” ed. Edra 2003, “Parole a fette: nomi e soprannomi dei salumi italiani” Ed. Tielleci 2001, entrambi di Giovanni Ballarini.