Pisarei e fasoi: un ricco piatto per i poveri
Il piatto che fa il verso a se stesso
I pisareie fasoi (o fasò: la pronuncia varia da zona a zona) sono un piatto in cui i due ingredienti principali fanno a gara a copiarsi e confondersi uno con l’altro, cosa che li rende ancora più gustosi!
I pisarei, infatti, sono una pasta fresca preparata con farina e pangrattato impastati con acqua e modellati fino a formare dei cilindretti lunghi e sottili del diametro di un dito; questi sono poi tagliati a tocchetti, premuti a uno a uno tra pollice e indice e avvolti su se stessi fino ad assumere più o meno la forma e la grandezza di un fagiolo.
Questa pasta viene poi preparata per tradizione con un sugo di fagioli (fasoi, appunto) ottenuto facendoli cuocere in un soffritto di olio d’oliva, lardo e verdure tritate a cui si aggiunge poi la salsa di pomodoro. Nel sugo i fagioli si ammorbidiscono e si disfano, formando una deliziosa e avvolgente crema in cui si nascondono i pisarei.
Biscia o gnocchetto schiacciato?
L’origine del nome pisarei è incerta. C’è chi pensa che il termine al singolare, ovvero pisareo, tragga origine da pissa, che nel dialetto locale significa “biscia”: un’allusione alla striscia di pasta a forma di serpentello dalla quale si creano i piccoli gnocchetti.
Un’altra ipotesi è quella secondo cui il termine derivi dalla parola spagnola pisar (“pestare”, “schiacciare”), con riferimento al fatto che i pisarei si creano pressando gli gnocchetti di pasta tra le dita.
Poveri ma belli (e antichi)
I pisarei e fasoi sono una ricetta tipica della cucina povera e popolare piacentina, ma fanno parte anche delle tradizioni della Bassa parmense, soprattutto in quei paesi che, come Roncole Verdi, sono più vicini al confine con la provincia di Piacenza.
Questo piatto, preparato con semplicissimi ingredienti, tra cui il pane secco grattugiato, che veniva così riutilizzato e serviva per “allungare” la farina, più preziosa, ha radici antiche: è fatto risalire al Medioevo, quando i molti pellegrini che percorrevano la via Francigena venivano sfamati nei conventi e negli ospizi con scodelle di pisarei, economici ma nutrienti.
Ovviamente, nelle prime ricette non si usava il pomodoro, importato più tardi dalle Americhe, e si utilizzavano le varietà di fagioli dette “dell’occhio”, coltivate allora in Italia, anziché i borlotti, provenienti anch’essi d’Oltremare.
I fagioli: un vero tesoro
I fagioli, assieme ad altri legumi, erano un alimento facilmente reperibile anche nelle dispense delle famiglie più povere: coltivati nell’orto e fatti seccare, si potevano conservare a lungo ed erano una preziosa riserva di proteine vegetali, in tempi in cui quelle animali, ovvero la carne, si consumavano solo nei giorni di festa.
Per questo in tutta Italia si trovano ricette che mescolano pasta e fagioli; ricette che i moderni nutrizionisti oggi giudicano complete e bilanciate, perché contengono carboidrati, proteine e fibre e saziano a lungo: un’ulteriore dimostrazione dell’intelligenza delle tradizioni contadine.
Fonte: G.Ballarini, La cucina dei numeri primi, Lit Ed, 2014