Prodotti rustici della salumeria parmense da riscoprire
Nella ricca e variegata storia della salumeria parmense ci sono salumi considerati “nobili”, come il prosciutto e il culatello, ricavati con un taglio sapiente da cosce di maiale intere e selezionate, noti e apprezzati ovunque nel mondo, tanto che oggi raggiungono anche le tavole di re e capi di stato.
E poi ci sono i cosiddetti “salumi poveri”, nati per sfruttare al meglio ogni centimetro della saporita carne del maiale, che dalle nostre parti era una risorsa così preziosa per le famiglie contadine da essere chiamato semplicemente “al nimèl”: ovvero “l’animale” per eccellenza.
Tra questi ci sono la cicciolata e i suoi fratelli più piccoli, i ciccioli.
I ciccioli: deliziosi avanzi dello strutto
I ciccioli, pezzettini di carne dalla forma e dalla consistenza irregolare, a volte teneri, che quasi si sciolgono in bocca, a volte da masticare con impegno per estrarne il buon sapore, non sono altro che un avanzo – un delizioso avanzo! – della produzione dello strutto, che per secoli è stato il condimento principale delle nostre cucine.
Quando si prepara lo strutto, mettendo a cuocere sul fuoco le parti grasse del maiale, dopo un po’ il grasso si scioglie, mentre i pezzettini di carne magra che erano rimasti attaccati al grasso, riemergono dal liquido dorato e si friggono in esso, diventano scuri e croccanti.
Il loro nome, infatti, deriva probabilmente dal termine “siccoli”, ovvero “secchi”.
Questi pezzettini vengono meticolosamente raccolti, scolati e strizzati in un panno per mezzo di una apposita pressa, per eliminare lo strutto rimasto e sono pronti da gustare.
Un salume da sgranocchiare
Un tempo i ciccioli si consumavano come rustico antipasto nei rari pasti a base di carne che i contadini si concedevano nel periodo autunnale, quando si macellava il maiale e se ne lavoravano velocemente le carni per poterle conservare per il resto dell’anno. Adesso si possono trovare tutto l’anno e sono buoni da mangiare così come sono (attenzione: uno tira l’altro, come le ciliegie!); ma diventano ancora più gustosi se fatti intiepidire qualche minuto nel forno e accompagnati da un bicchiere di rosso corposo.
Cicciolata: un blocco di granito… che si scioglie in bocca
Giovannino Guareschi, che la amava molto tanto da dedicarle un divertente racconto, la definisce un “blocco di granito” ma molto più sostanzioso. In effetti, questo salume tipico del nostro territorio si presenta in pezzi squadrati dal colore bruno screziato, con parti più chiare e altre più scure.
Si taglia facilmente, rivelando una consistenza morbida, granulosa, che si scioglie in bocca, rilasciando un sapore ricco, aromatico e complesso.
Un salume fatto con la testa (in tutti i sensi)
Anche la cicciolata deriva da un intelligente recupero di carne altrimenti difficile da consumare e conservare: viene preparata, infatti, utilizzando la testa del maiale. Questa viene bollita per ore con verdure ed erbe aromatiche, simili a quelle usate per fare un buon brodo.
Quando è cotta, si toglie tutta la carne e la si trita grossolanamente; quindi si aggiungono ciccioli croccanti, sale, pepe, alloro, e si fa cuocere ancora un po’ per amalgamare bene il tutto. Poi si avvolge l’impasto ancora caldo in un telo di lino, lo stesso che usano i casari per estrarre le forme di Parmigiano Reggiano dalle caldere, e si schiaccia con un apposita pressa di legno per far uscire il grasso in eccesso. Si lascia riposare per una giornata ed è già pronta per essere consumata. Si può conservare al fresco per 4-5 mesi.
Una rarità da assaggiare con pane, polenta e lambrusco
Se è vero che in altri luoghi d’Italia esistono preparazioni simili, come la “coppa di testa” o la “sopressata”, la cicciolata del parmense è un prodotto unico, raro da trovare fuori dai confini della provincia e, dunque, da assaggiare assolutamente quando si passa da queste parti.
La cicciolata si gusta tagliata a mano, in fette piuttosto spesse, accompagnata con pane fresco o, meglio ancora, su fette di polenta cotta in forno o alla brace; oppure tagliata a cubetti a mo’ di stuzzichino, accompagnata da un bicchiere di lambrusco.
Fonte: Giovanni Ballarini, Storia, miti e identità della Cucina Parmigiana, MUP, 2007.